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FILIERA bio e sostenibile

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La storia del cotone è antica quanto la nascita della civiltà, ma solo nel Novecento la sua importanza inizia a diventare strategica per l’industria tessile e per sottostare ai dettami della produzione in serie, il terreno verrà trattato con fertilizzanti e pesticidi chimici ed i tessuti con coloranti al piombo e sbiancanti nocivi. Bisognerà attendere tempi più recenti per arrivare a parlare, invece, di cotone biologico, una fibra coltivata nel pieno rispetto dell’Uomo e dell’ambiente.

Nelle coltivazioni infatti si usano spesso sostanze chimiche dannose. Il cotone richiede inoltre enormi quantità di acqua per crescere. A volte sono necessari fino a 29.000 litri per produrne solo 1 kg di fibra.

Fino al 25% di tutti gli insetticidi utilizzati in agricoltura a livello mondiale viene utilizzato nell’industria del cotone. Tuttavia, la coltivazione occupa solo il 2,5% di tutto il terreno coltivabile a livello globale. Queste sostanze chimiche non si limitano all’uccisione di parassiti nocivi ma si diffondono ad altri organismi nella catena alimentare attraverso le interazioni tra acqua, aria e suolo e possono distruggere interi ecosistemi.

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COTONE BIOLOGICO

Il cotone organico, prodotto e certificato secondo gli standard dell'agricoltura biologica, è un’alternativa valida e decisamente più sostenibile rispetto a quello tradizionale. Le piante da cui viene prodotto infatti sono coltivate senza pesticidi chimici e fertilizzanti artificiali. Attualmente il cotone bio rappresenta solo l’0,1% del totale coltivato nel mondo.

RACCOLTA COTONE

La sua produzione mantiene la salute del suolo, degli ecosistemi e delle persone adottando processi naturali piuttosto che chimici, bandendo l'uso di sostanze chimiche tossiche o di OGM (Organismi Geneticamente Modificati) a favore di metodi che rappresentano un mix tra innovazione, tradizione e scienza che porta vantaggi sia all’ambiente che a chi lo coltiva e lo utilizza.

Image by Artem Asset

LAGO ARAL 

Dalla coltivazione della pianta di cotone alla manutenzione dei nostri vestiti l’acqua riveste da sempre un ruolo fondamentale nell’industria della moda.

Per realizzare una sola t-shirt vengono utilizzati 2700 litri di acqua, mentre per produrre un paio di jeans occorre il fabbisogno di acqua per 100 giorni di vita di una persona che vive in occidente e di un anno di una persona che vive nel sud Sahara.

Sono dati ormai noti, ma sui quali le autorità competenti non sono mai intervenute concretamente.

Per cercare di capire in che cosa consista il rapporto fra il consumo di acqua e l’industria della moda, portiamo come esempio il caso del lago Aral.

Questo era un lago salato di origine oceanica posto al confine tra l’Uzbekistan e il Kazakistan. 

Dal 1960 ad oggi la sua superfcie si è ridotta del 75%, e dei 68.000 km quadrati originali oggi ne restano poco più del 10%. Il restante 90% è sabbia, tutto il resto dell’acqua si è prosciugato in seguito allo sfruttamento indiscriminato di questa preziosa risorsa per la coltivazione di colture idrovore.

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SOSTENIBILITà

L’ONU pone l’industria della moda come la seconda  più inquinante del mondo, anche per lo sfruttamento dei lavoratori nei paesi in via di sviluppo.

L’Italia sta diventando esempio di un territorio dove ogni giorno ci sono sempre più brand di abbigliamento che lavorano per offrire una moda ecosostenibile, che è stata realizzata con materie prime ecologiche e attraverso un sistema che rispetta l’ambiente e i suoi lavoratori e fornitori. 

Tra i top 10 Brand Ecosostenibili segnaliamo: Ecodream, Arturo Stories e Cingomma che sono brand della green fashion ‘Made in Italy’.

Anche a livello internazionale ci sono sempre più marche di moda sostenibile ed etica.

Molti marchi leader del fast fashion, come Zara, H&M, Mango stanno facendo grandi sforzi per unirsi alla green fashion con collezioni dedicate, mentre brand di Haute Couture come Stella McCartney, Vivienne Westwood, Hugo Boss da diversi anni hanno abbracciato una politica eco friendly.

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